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Il Sacro Romano Impero in nummis

La Storia in una moneta


 
 | Personaggi |
Österreich (Austria)
PredecessoreRuoloSuccessore
Francesco I Imperatore del SRI Leopoldo II 

Giuseppe Benedetto Augusto Giovanni Antonio Michele Adamo II d'Asburgo (Vienna, 13 marzo 1741 - Vienna, 20 febbraio 1790) fu imperatore del Sacro Romano Impero e Duca di Milano, associato al trono con la madre Maria Teresa dal 1765 e da solo dal 1780, alla morte di lei.

Durante il suo regno, fu visto dai contemporanei come il tipico rappresentante del "dispotismo illuminato" e come imperatore continuò l'opera della madre secondo i principi del giurisdizionalismo.

La sua politica ecclesiastica si ispirava al febronianesimo e fu chiamata Giuseppinismo. Con essa, l'imperatore intendeva unificare nelle mani dello Stato i poteri sul clero nazionale, sottraendoli al papa e ai suoi rappresentanti, i nunzi apostolici.

Durante il regno di Giuseppe d'Asburgo furono soppressi i conventi mentre furono ridotti di numero gli ordini contemplativi e religiosi. I conventi chiusi furono almeno 700 e i religiosi passarono da 65.000 a 27.000. Nello stesso tempo l'imperatore promosse la creazione di seminari statali per istruire tutto il clero e di collegi, come il Collegio Cairoli.

Nel 1781 l'imperatore abolì le discriminazioni religiose nei confronti sia dei protestanti che degli ortodossi e avvenne anche l'emancipazione degli ebrei.

Quattro sono gli obiettivi delle sue riforme ecclesiastiche:

  1. Ridurre la Chiesa sotto il completo controllo dell'autorità statale. Per questo bisognava rendere più difficili se non impossibili i rapporti dei vescovi con Roma:
    1. estensione del placet governativo a tutti gli atti che provenivano da Roma;
    2. limitazione o soppressione delle immunità della Chiesa, specie il foro ecclesiastico;
    3. permesso ai vescovi di dare le dispense matrimoniali senza ricorrere a Roma;
    4. venne interdetto l'appello a Roma, vietate le relazioni dirette con la Curia romana, sottratti i religiosi dalla dipendenza coi superiori generali di stanza a Roma, proibito ai seminaristi di studiare al Collegio Germanico di Roma;
    5. esclusiva giurisdizione statale sul matrimonio religioso, l'unica competente.
  2. Riordinamento della situazione economica del clero. Tale situazione non era delle migliori, soprattutto per i religiosi. Per questo confiscò i beni di istituzioni religiose sclerotizzate, i beni male o poco utilizzati e i beni dei conventi contemplativi che fece chiudere; con il ricavato creò un fondo per il culto, che li avrebbe distribuiti secondo le necessità. Si vede come la confisca non andò a vantaggio dello Stato ma ancora della Chiesa: infatti il clero fu meglio stipendiato, e vennero create 700 nuove parrocchie, sostitutive dei 700 monasteri soppressi. Il tutto però, anche economicamente, dipendeva dallo Stato.
  3. Riforma degli studi ecclesiastici. Vennero creati 4 seminari generali (Vienna, Pest, Pavia e Lovanio) e 8 proseminari (Praga, Olmith, Graz, Innsbruck, Friburgo, Lussemburgo e 2 a Lemberg), in cui gli allievi avrebbero dovuto seguire un programma di studi in cui prevalevano le discipline positive (storia, diritto, scrittura, patristica). Questo nuovo indirizzo, sorto sotto l'influsso del benedettino Rautenstrauch, si opponeva al metodo scolastico dei gesuiti (teologia speculativa decadente), ma era viziato dall'ispirazione giusnaturalistica dei testi e dei professori imposti dallo Stato e dalla prevalenza della morale e della pastorale sul dogma.
  4. Riforma della cura pastorale. Una serie di leggi dette un nuovo assetto alle diocesi e alle parrocchie (creandone di nuove specialmente nelle campagne, prima povere di assistenza spirituale), soppresse un terzo dei conventi, ridusse le feste, riorganizzò il culto (fin nei minimi dettagli: numero di candele, durata della predica, numero degli altari per chiesa, limitazione del turibolo, ecc.).

Tale politica ecclesiastica suscitò l'opposizione del papa Pio VI, che nel 1782 andò fino a Vienna per tentare invano di moderare le riforme dell'imperatore. Una delle principali realizzazioni di Giuseppe II furono le riforme giudiziare che trovarono concretezza nel Codice penale giuseppino, redatto nel 1788. Con questo codice, che modernizzò notevolmente la giustizia nell'Impero Asburgico, furono ridotti i casi punibili con la pena di morte e fu soppressa la tortura, in armonia con i principi illuministici, ma furono anche estesi i delitti politici. Furono introdotti anche il matrimonio civile e la libertà di stampa.

La riforma di Giuseppe si estese anche al campo economico. Nel 1782 infatti abolì le servitù personali dei contadini e nelle proprietà reali essi divennero affittuari ereditari. L'imperatore inoltre realizzò un nuovo catasto per ridurre i privilegi feudali e progettò anche di convertire i diritti signorili in imposta fondiaria.

In seguito Giuseppe II tentò di estendere talì provvedimenti all'Ungheria e tentò anche di ridurre le tradizionali autonomie dei Paesi Bassi austriaci, cosicché il suo regno si concluse all'insegna delle ribellioni autonomistiche.

Matrimonio e figli

Il 6 ottobre 1760 Giuseppe aveva sposato Maria Isabella di Borbone-Parma, da cui ebbe due figlie, Maria Teresa (1762-1770) e Maria Cristina (1763), morte entrambe in tenera età. Morta Isabella nel 1763 proprio nel dare alla luce la seconda figlia, Giuseppe si risposò il 23 gennaio 1765 con Maria Giuseppa di Baviera, dalla quale non ebbe figli. L'imperatore Giuseppe II morì il 20 febbraio 1790 di cancro ai polmoni e, in mancanza di eredi, gli successe il fratello minore Pietro Leopoldo, già Granduca di Toscana.