i considera generalmente al massimo il 962 come anno di fondazione dell'Impero da parte di Ottone I.
Tuttavia, qualcuno preferisce legare l'inizio del Sacro Romano Impero alla incoronazione di Carlo Magno come imperatori nell'800, ma Carlo stesso si chiamava Re dei Franchi. Il titolo, inoltre, rende più chiaro che l' Impero carolingio copriva un'area che include le odierne Francia e Germania e fu, quindi, alla base della formazione di entrambi i paesi.
La maggioranza degli storici, pertanto, considera che l'instaurazione dell'Impero sia stato un processo avviato dalla spartizione dell'Impero carolingio attuata dal Trattato di Verdun nell'843 proseguendo la dinastia Carolingia in modo indipendente nelle tre sezioni. La parte più orientale cadde sotto Ludovico II il Germanico, che ebbe molti successori fino alla morte di Ludovico IV, chiamato "il Fanciullo", l'ultimo Carolingio nella parte Orientale.
Quando Martin Lutero iniziò ciò che sarebbe stato conosciuto successivamente come la Riforma, molti duchi locali videro l'opportunità di opporsi all'Imperatore o comunque di accrescere il proprio potere.
Il conflitto fra cattolici e protestanti, non disgiunto dalla volontà di imporre la propria autorità da parte di diversi sovrani europei (Francia, Svezia, Impero...) portò alla Guerra dei Trent'anni (1618-1648), devastando gran parte dell'Europa.
Le origini della guerra furono varie, anche se la principale fu l'opposizione religiosa e politica tra cattolici e protestanti. La pace di Augusta del 1555, firmata dall'imperatore Carlo V, aveva messo fine agli scontri tra cattolici e luterani, introducendo il principio del cuius regio eius religio e stabilendo che i luterani potevano rimanere in possesso dei territori ecclesiastici secolarizzati fino al 1552 (pace di Passau). Tuttavia vari problemi rimasero aperti: oltre al fatto che la pace era considerata, specialmente dai luterani, solo una tregua temporanea, i termini del trattato prevedevano l'adesione, da parte dei principi, al credo cattolico o a quello luterano, con esclusione di ogni altro credo, incluso il calvinismo, che andava diffondendosi rapidamente in varie aree della Germania.
A queste considerazioni di ordine religioso si aggiunsero tendenze egemoniche o d'indipendenza di vari stati europei, rivalità commerciali, ambizioni personali e gelosie familiari. La Spagna era interessata ad esercitare una decisiva influenza sul Sacro Romano Impero per garantirsi la possibilità di affrontare la guerra con gli olandesi che durava ormai da molti anni, e che sarebbe ripresa apertamente nel 1621, allo scadere cioè della tregua dei dodici anni.
In Germania era nel frattempo in corso una lotta politica fra i principi tedeschi e l'imperatore di casa Asburgo che desiderava che il titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero non fosse più solamente una figura rappresentativa ed un retaggio medievale ma rappresentasse un potere effettivo sui territori che "nominalmente" appartenevano al Sacro Romano Impero, affermando così l'egemonia degli Asburgo su tutta la Germania e portando a compimento l'impresa fallita dal grande Carlo V.
Enrico IV di Francia, in risposta, continuò la politica anti-asburgica dei predecessori, convinto del fatto che, se gli spagnoli fossero usciti vittoriosi dalla guerra in Olanda e la Germania fosse caduta sotto l'egemonia imperiale, la Francia sarebbe stata schiacciata tra possedimenti asburgici su ogni lato.
Questi vari fattori cominciarono a manifestare la loro importanza già a partire dagli ultimi anni del XVI secolo. I primi scontri, di carattere religioso, si verificarono nel Sacro Romano Impero a causa del reservatum ecclesiasticum, una norma contenuta nella Pace di Augusta che stabiliva che le autorità ecclesiastiche convertite al protestantesimo dovessero lasciare i propri territori. La questione si presentò quando il principe-arcivescovo di Colonia si convertì al calvinismo; poiché l'arcivescovo di Colonia era anche un principe elettore, si sarebbe venuta a creare una maggioranza protestante nel collegio elettorale. A tale prospettiva i cattolici risposero scacciando con la forza l'arcivescovo e ponendo al suo posto Ernesto di Baviera. In seguito a questo successo cattolico, la regola del cuius regio eius religio fu applicata più duramente in vari territori, costringendo i protestanti ad emigrare o ad abiurare.
Un nuovo scontro religioso si ebbe nel 1606 nella città di Donauwörth, in cui i protestanti tentarono di impedire ai residenti cattolici di organizzare una processione, provocando aspri tumulti; questo provocò l'intervento di Massimiliano I, Elettore di Baviera che, appoggiando i cattolici, si impegnò a ristabilire l'ordine. Questa serie di eventi fecero sì che, specialmente tra i calvinisti, si prospettasse l'idea di un "complotto" cattolico per estirpare il protestantesimo. A tale presunta minaccia essi risposero creando, nel 1608, l'Unione Evangelica, sotto la guida di Federico IV del Palatinato, che possedeva uno dei territori che erano fondamentali alla Spagna per garantirsi l'accesso all'Olanda. I cattolici tedeschi risposero creando a loro volta, nel 1609, la Lega Cattolica, sotto la guida di Massimiliano I di Baviera; a questo punto la situazione politica in Germania era pronta per uno scontro confessionale.
La scintilla scatenante del conflitto si ebbe nel 1618, quando l'imperatore del Sacro Romano Impero Mattia nominò re di Boemia, prevalentemente protestante, il cattolico Ferdinando II. Questi vietò la costruzione di alcune chiese protestanti, provocando una violenta ribellione, che culminò con la "defenestrazione di Praga" (due luogotenenti dell'imperatore furono scaraventati giù dalle finestre del palazzo reale; i due tuttavia ne uscirono illesi in quanto atterrarono sui detriti del fossato del castello).
Da tale episodio ebbe origine la guerra dei trent'anni che si divide in quattro periodi:
Alla defenestrazione di Praga seguì la rivolta degli abitanti della Boemia e dei possedimenti asburgici circostanti; i ribelli elessero loro re Federico V del Palatinato, invocando l'aiuto dell'Unione Evangelica, mentre l'Imperatore invocava supporto da parte della Spagna. Morto l'imperatore Mattia, anche l'Ungheria esplode in rivolta: dopo alcuni successi limitati dei boemi, le forze imperiali e della Lega Cattolica procedettero all'invasione e pacificazione dei territori ribelli, culminata nella disfatta subita dai boemi nella battaglia della Montagna Bianca e nella seguente forzata cattolicizzazione e germanizzazione della Boemia.
La repressione fu durissima: a Federico V furono sequestrati i beni, molte furono le condanne a morte. I beni dei nobili protestanti furono trasferiti a nobili cattolici fedeli all'imperatore e nel 1622 il Palatinato venne riconquistato dall'Impero. Dopo il ritiro dal conflitto dell'unico alleato dei protestanti, ovvero il principe di Transilvania Gabriele Bethlen, le residue forze protestanti furono via via disperse, e Federico V costretto all'esilio; il suo titolo elettorale passava al capo della Lega Cattolica, Massimiliano I di Baviera.
Intanto nel 1621, alla scadenza della tregua dei dodici anni con l'Olanda, si riapriva il fronte di guerra tra la Spagna e le Province Unite: sotto il controllo politico-militare del Gaspar de Guzmán y Pimentel, le milizie iberiche inizialmente misero a segno una serie di vittorie che permisero agli spagnoli di aprire nel 1625 un terzo fronte di guerra, stavolta contro i seguaci della Riforma Protestante situati in Valtellina.
Per contrastare l'acquisto di potere da parte dei cattolici seguito alla vittorie nella prima fase della guerra, intervenne in aiuto dei protestanti la Danimarca, guidata da Cristiano IV di Danimarca; egli era politicamente supportato dalla Francia, che, sotto la guida del cardinale Richelieu cominciò a contrastare la politica espansionista asburgica. L'Imperatore rispose arruolando nuove truppe ed assegnandole al comandante Albrecht von Wallenstein.
Sotto la minaccia di due eserciti nemici, Cristiano subì una dura sconfitta nella battaglia di Lutter (1626) da parte del conte di Tilly, alla guida delle forze della Lega Cattolica. Successivamente le truppe cattoliche invasero la Danimarca stessa, e Cristiano fu costretto a firmare la pace di Lubecca (1629), con cui si impegnava a non intromettersi nelle vicende tedesche. Inoltre il sovrano danese emanò l'editto di Restituzione: in base ad esso, dovevano essere riconsegnati alla Chiesa Cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552.
La Fase Svedese della guerra vide l'entrata in campo, nel 1630, della Svezia, guidata da Gustavo II Adolfo, come difensore della causa protestante e dell'ordine nell'Impero. Dopo lo sbarco delle forze svedesi in Pomerania e una fase di consolidamento, Gustavo Adolfo procedette all'invasione della Germania, alleato alla Sassonia e al Brandeburgo. Gli svedesi riportarono uno sfolgorante successo nella battaglia di Breitenfeld e continuarono la loro avanzata finché Gustavo non fu ucciso durante la battaglia di Lützen, che segnò il limite del successo svedese in questa fase.
Con la morte del Re di Svezia, il partito protestante cadde preda di una serie di divisioni di cui i cattolici approfittarono per sferrare una controffensiva con l'aiuto di truppe inviate dalla Spagna; gli svedesi furono duramente sconfitti nella battaglia di Nördlingen, e dovettero abbandonare la Germania meridionale. Nel frattempo la Sassonia e il Brandeburgo abbandonavano l'alleanza con gli svedesi con la Pace di Praga. Questo successo degli Asburgo spinse la Francia ad entrare in guerra.
La quarta ed ultima fase degli scontri, la Fase Francese, durata dal 1635 al 1648, fu caratterizzata dall'ingresso formale in guerra della Francia, che trasformò definitivamente il conflitto da scontro confessionale a lotta per l'egemonia europea. I francesi, dopo una prima fase segnata da diverse sconfitte e difficoltà militari, durata all'incirca fino al 1641, insieme alla Svezia riuscirono a far pendere definitivamente la bilancia del conflitto a sfavore delle forze imperiali; tale risultato fu raggiunto grazie alla collaborazione degli eserciti francese e svedese, e all'abilità dei comandanti sul campo, ovvero Lennart Torstenson per gli svedesi, Luigi II di Borbone-Condé e il Visconte di Turenne per i francesi.
La coalizione imperiale venne battuta in una serie di battaglie campali e le forze francesi e svedesi penetrarono nella Germania meridionale fino alla Baviera. Anche la Spagna, impegnata nei Paesi Bassi e sconvolta dalle rivolte separatiste della Catalogna e del Portogallo, si trovò in gravi difficoltà che culminarono nella sconfitta di Rocroi (1643) ad opera delle armi francesi capitanate dal principe di Condé. Nell'impossibilità di proseguire la guerra gli Asburgo d'Austria, detentori della corona imperiale abbandonarono i propri disegni egemonici e firmarono la Pace di Westfalia. La Spagna invece, non volendo riconoscere l'egemonia francese che si stava profilando in Europa, continuò a lottare contro la Francia fino al totale esaurimento delle proprie forze, sancito dal Trattato dei Pirenei (1659).
Le trattative di pace, che si rivelarono molto complesse e laboriose, cominciarono nel 1643 ma i risultati definitivi furono ottenuti soltanto nel 1648. I trattati di pace vennero firmati nelle due città di Münster e Osnabrück rispettivamente il 24 ottobre e il 15 maggio del 1648, e sono solitamente identificati con il nome collettivo di Pace di Westfalia; tali trattati sancirono il tramonto del sogno egemonico degli Asburgo. La pace non riguardava comunque lo scontro tra Francia e Spagna, che venne risolto solo nel 1659 con la Pace dei Pirenei.
Ulteriori negoziazioni furono tenute a Norimberga, per risolvere la spinosa questione della smobilitazione e del pagamento delle truppe operanti in Germania; tali discussioni continuarono fino al 1651, e le ultime guarnigioni furono ritirate nel 1654.
La guerra dei trent'anni fu probabilmente il più grave evento che coinvolse l'Europa centrale prima delle Guerre Mondiali, ed ebbe conseguenze molto rilevanti sia da un punto di vista sociale e demografico, sia da un punto di vista più strettamente politico.
La quantificazione dei danni riportati dalla popolazione tedesca durante il conflitto è stata per anni argomento di accese dispute fra gli storici. Si ritiene ora probabile che, considerando l'intera Germania, il calo demografico si sia attestato tra il 15 ed il 20 per cento della popolazione, che nell'Impero passò dai circa 20 milioni del 1618 ad un totale di circa 16-17 milioni nel 1650. G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", ed. Vita e Pensiero, pag. 336 Da zona a zona si registrano tuttavia notevoli differenze, che rispecchiano la frequenza degli scontri e del passaggio degli eserciti in ogni regione; le più colpite furono la Pomerania, il Meclemburgo, il Brandeburgo e il Württemberg, mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate.
La causa principale del calo demografico non è tanto legata ad eventi bellici, che contribuirono in maniera relativamente bassa, ma alla mancanza di vettovaglie e al ripetuto diffondersi di epidemie; G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", pag. 337 il passaggio delle truppe, in gran parte eserciti di mercenari che traevano sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano, generava una carenza di viveri che indeboliva gli abitanti, rendendoli facile preda di malattie infettive la cui diffusione era favorita dai flussi di profughi e dal concentramento degli sfollati nelle città. Questo ricorrere di epidemie e calo demografico, che trova riscontro in vari documenti dell'epoca, come registri parrocchiali e delle tasse, sembra comunque fosse già, almeno in parte, cominciato prima della guerra, che quindi forse non fece altro che accelerare un processo già in corso. Vi sono stati accesi dibattiti sulle due teorie del "declino iniziale" e della "guerra disastrosa", come accennato da G. Parker nella sua opera. Cfr. anche l'articolo di T. K. Rabb, "The Effects of the Thirty Years' War on the German Economy", vol. 34, No. 1 di "The Journal of Modern History"
Dal punto di vista economico la guerra assistette ad una generale contrazione economica in tutto l'Impero; a questo contribuirono i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate, ma anche gli altissimi costi per il mantenimento degli eserciti mercenari; molte città e stati tedeschi si indebitarono per sostenere lo sforzo bellico, e dopo la guerra il recupero fu ostacolato dal fatto che l'Impero fu coinvolto in una serie di nuove guerre con la Francia e l'Impero Ottomano che, pur non coinvolgendo direttamente la Germania, richiesero nuovi sforzi economici.
La maggiore conseguenza, dal punto di vista politico, fu la conferma della frammentazione della Germania, che ora veniva ad essere formata da stati di fatto indipendenti; tale situazione durò fino al 1871, quando la Germania fu riunificata dalla Prussia in seguito ad una vittoriosa guerra contro la Francia.
La Spagna, che continuò ancora a combattere con la Francia dopo la firma della pace, evidenziò chiaramente i segni della inarrestabile decadenza già iniziata negli ultimi decenni del secolo XVI; sconfitta sul fronte pirenaico e su quello dei Paesi Bassi, tormentata internamente dalle rivolte della Catalogna e del Portogallo, si vide costretta a riconoscere l'indipendenza dell'Olanda prima e del Portogallo, che venne messo sotto protezione dell'Inghilterra. Più tardi l'Impero diede l'indipendenza alla Svizzera. Il ruolo della Spagna in Europa veniva parzialmente ridimensionato:doveva rinunciare al suo ruolo egemonico ma rimaneva detentrice di un vasto impero coloniale e di un esercito efficiente.
La Svezia assunse invece ad un ruolo preminente nell'Europa del nord; grazie ai nuovi strategici acquisti territoriali e al succedersi di sovrani energici, il Mar Baltico divenne a tutti gli effetti un "lago" svedese, fino a quando, agli inizi del XVIII secolo, la Russia la sostituirà nel suo ruolo di potenza nell'Europa del nord. Anche la Francia uscì dalla guerra rafforzata: grazie al declino spagnolo e alla frammentazione dell'Impero, divenne una potenza di primo rango, uscendo trionfalmente da un periodo di eclissi che durava ormai da molti decenni.
Da un punto di vista più generale, la guerra segnò la fine dei conflitti religiosi nell'Europa occidentale; dopo il 1648, nessuna grande guerra europea fu giustificata da motivazioni confessionali. La Pace di Westfalia viene ancora oggi considerata come uno dei cardini della concezione di stato sovrano. Infatti i principi tedeschi protestanti ebbero libertà di culto.
La guerra dei trent'anni ebbe grande importanza anche nell'introdurre significative novità in campo militare; da questo punto di vista è della massima importanza il ruolo dell'intervento svedese, in quanto l'esercito di Gustavo Adolfo rappresentava sicuramente, all'epoca, la più moderna organizzazione bellica presente in Europa.
La logistica degli eserciti impegnati nel conflitto fu sempre molto problematica. Non esistevano, all'epoca, treni di rifornimento come quelli che sarebbero stati impiegati nel XVIII secolo; se questo rendeva possibile per gli eserciti effettuare spostamenti più rapidi, in quanto non esisteva la necessità di trainare lenti carriaggi, il materiale per il sostentamento delle truppe era spesso ridotto ai minimi termini.
La tipica politica adottata nella guerra fu l'utilizzo sistematico delle risorse del territorio; questa spoliazione di intere regioni ebbe conseguenze molto gravi sulle popolazioni, ed era inserita in un sistema più generale, per cui i comandanti degli eserciti traevano lauti profitti dai saccheggi sistematici. Emblematico di questa abitudine fu il comandante imperiale Albrecht von Wallenstein: al comando di un esercito da lui stesso arruolato, egli trasse enormi profitti e questo gli consentì di equipaggiare il suo esercito in maniera relativamente uniforme e di aumentare di molto il numero di truppe al suo comando fino al suo assassinio. Il problema dei rifornimenti incise spesso sulle operazioni militari, costringendo gli eserciti a spostarsi a causa dell'esaurimento delle risorse locali; inoltre, si assistette a casi in cui intere armate furono decimate a causa del forzato passaggio o stazionamento in zone già esaurite.
Con il proseguire della guerra il problema logistico si fece sempre più stringente, a causa dell'aumento del numero di uomini in campo; molto problematico si rivelò il pagamento delle truppe, che ricevevano il salario con ampio ritardo, fatto che provocò numerosi ammutinamenti, soprattutto da parte dell'esercito svedese. Una conseguenza secondaria della necessità di pagare ed equipaggiare un grande numero di truppe fu l'avvento della standardizzazione nelle uniformi e nell'armamento, per aumentare le velocità di produzione e diminuire i costi.
Con la pace di Wesftalia (1648), che pose fine alla Guerra dei Trent'anni, i territori dell'Impero raggiunsero la quasi completa autonomia e sovranità. La Confederazione Elvetica, che già era divenuta quasi indipendente nel 1499, e i Paesi Bassi del nord lasciarono l'Impero.
Gli Asburgo, da parte loro, si concentrarono sul consolidamento del potere in Austria.
Il 2 dicembre 1804 il Primo Console di Francia e presidente della repubblica italiana Napoleone Bonaparte, fu incoronato Imperatore dei Francesi. Subito venne riconosciuto dall'imperatore del SRI e granduca d'Austria Francesco II che, in cambio, si vide riconosciuto Imperatore d'Austria.
La primavera dell'anno succesivo, a Milano, in conformità con il nuovo assetto monachico francese, Napoleone si fece incoronare Re d'Italia. Questo provocò attriti con il SRI, che almeno formalmente comprendeva pure il Regno d'Italia. La situazione si risolse con la guerra. Nel primo anniversario dell'incoronazione imperiale la terza coalizione venne sconfitta presso Austerlitz. La Pace di Presburgo dello stesso dicembre ridimensionò l'impero austriaco, e mise sotto infuenza francese buona parte del SRI: in particolare venne costituita la Confederazione del Reno. Accettando il fatto compiuto, Francesco II scioglieva l'impero il 6 agosto 1806 rinuciando per sempre al titolo di Imperatore dei Romani, accontentandosi del più modesto titolo di Imperatore d'Austria con il nome di Francesco I.